Buongiornissimo Gagè – sulla giornata internazionale delle persone Rom, Sinte e Caminanti

Da un po’ di tempo pare che ogni giorno sia la Giornata Internazionale De Qualcosa e posso capire che alla lunga, soprattutto per il meccanismo dei social, si finisca poi col sortire l’effetto opposto, annacquando l’attenzione rispetto a temi che restano comunque meritevoli di essere messi in luce. Le questioni non si risolvono solo con la visibilità ma a volte diciamo che aiuta.

Noialtrə ne sappiamo qualcosa.

Oggi per esempio è la Giornata Internazionale delle persone Rom, Sinte e Caminanti.

Delle persone migranti esistono narrazioni alternative che ne raccontano gli sforzi per farsi una nuova vita, trovare un lavoro, gli esempi di inclusione scolastica. Non sempre questa narrazione funziona (specie se hai la pelle scura e non sei cristiano – colpo di tosse) ma almeno esiste, e contribuisce a umanizzare una comunità di persone: le rendono quotidiane e non più eccezionali. Delle comunità Rom non c’è altro che l’eco stantìa dei fatti di cronaca che le vedono protagoniste e poi c’è anche la nostra personale esperienza, diretta o per sentito dire, delle ragazze in metro con le cantilene questuanti, della signora che rovista tra i rifiuti, di qualche scippo subìto o raccontato.

Se non esiste alcuna narrazione alternativa, che non neghi ma integri quelle precedenti, è chiaro che rimane solo il racconto eclatante, spesso criminale, a illustrare la tua vita.

Perché a tuttə capita di fare cose discutibili ma 24 ore sono lunghe: facciamo altre cose, siamo altre cose. A meno di non essere leghisti.

Il tema è davvero spinoso perché le comunità Rom sono pressoché indifendibili a livello politico, parliamo forse della minoranza più bersagliata, insultata, aggredita, isolata e discriminata d’Europa, risultato diretto di quella deumanizzazione che ne racconta solo ciò che stride con la cultura ospite che poi sono sempre le stesse tre cose ossia la diversità nell’apparire, la non conformità nel vivere e poi l’affronto più grave di tutti: la povertà.

Siccome il tema mi è abbastanza caro, faccio un po’ di servizio pubblico non richiesto per introdurre una narrazione alternativa delle persone Rom che attraversano le nostre città, con la consistenza di corpi fantasma che non esistono se non nella rappresentazione rigida e parodistica che di solito se ne fa, persone al centro di un racconto tossico che si avvicina all’unanimità, alimentato senza troppi sforzi di camuffamento dalla politica.

Vado a snocciolare:

– Le comunità Rom di cui si parla nei dibattiti politici, soprattutto per lucrarci un poco su, sono quelle che vivono nei “campi” delle grandi città. Sembrano tante ma sono più o meno un decimo della popolazione rom totale, che vive invece nelle case. Sono però “i rom dei campi” a infastidire maggiormente la decorosa esistenza delle nostre periferie senza trasporti pubblici, con la spazzatura per le strade, con i racket che danno fuoco ai locali e le piazze di spaccio;

– La realtà dei “campi Rom” è davvero peculiare. Alcuni di questi campi sono stati costruiti e attrezzati dalle amministrazioni comunali quali soluzioni temporanee, come ad esempio a Roma una quindicina di anni fa, poi completamente abbandonate in virtù di un’incapacità di presidio politico di un territorio, specie delle periferie;

– Non conosco moltə Rom a cui piaccia vivere in un “campo”, al massimo ci hanno fatto l’abitudine e comunque hanno una rete di parenti e amici che è molto difficile lasciare anche perché, per il modo in cui vengono raccontate, le persone rom che seguono percorsi di inclusione nella nostra comunità (qualunque essa sia) finiscono in una paradossale condizione di isolamento: lontane dalla loro gente e lontane da “noi”. Lascialo tu il “campo” se ad attenderti è un bel niente;

– A corollario della precedente, immaginatevi di ottenere una casa popolare perché ne avete diritto e di ricevere un comitato di benvenuto con fiaccole e forconi, mentre voi state smadonnando con gli scatoloni del trasloco;

– Attualmente nei campi di Roma siamo arrivati credo alla terza generazione. Più della metà delle persone rom ha cittadinanza italiana;

– Ne discende che alcunə italianə sono rom;

– Alcune persone Rom che vivono nei campi sono dedite a microcriminalità e con una percentuale certamente più elevata della media di un quartiere come i Parioli, ma non di un quartiere come Torre Maura o Laurentino. L’abbiamo capito quale è il punto?

– Nelle comunità Rom esiste una questione di genere molto forte: le donne Rom subiscono una doppia discriminazione, sia nella loro comunità che fuori, in quanto donne e in quanto Rom. Uno dei principali problemi delle donne rom deriva dalla pratica dei matrimoni nella prima adolescenza. Negli ultimi anni l’età media del matrimonio è aumentata notevolmente, grazie alla scolarizzazione delle ragazze e ai crescenti contatti con la comunità che loro chiamano gagè (cioè noi), che hanno spinto molte giovani Rom a mettere in crisi il modello dei matrimoni in adolescenza: è il risultato di un contatto molto lungo e molto difficile;

– Qualche anno fa un gruppo di donne Rom di vari campi di Roma si è unito per fondare una micro-impresa di catering. Altre hanno seguito un corso di preparazione all’esame della patente, perché la patente avrebbe significato per loro maggior libertà e maggiore autonomia dai vincoli familiari. De questo stamo a parlà;

– In un campo di Roma un grande numero di famiglie ha la partita iva;

– Esistono persone Rom LGBT, che vivono in comunità diffusamente omolesbobitransfobiche e in periferie piene de fasci. Immaginate come se la passano;

– Certi ragazzi Rom so’ boni come er peccato.

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